Il Consiglio pastorale intende esprimere il suo sconcerto e la sua indignazione di fronte alla viltà dell'attacco di cui è stato fatto oggetto il parroco, don Giuseppe Mattana, e con lui l'intera comunità non solo ecclesiale. Colpire qualcuno alle spalle, infatti, nascondendosi dietro un facile e deprecabile anonimato, è una prassi che attacca ed offende profondamente una comunità come quella olianese che da sempre si fregia di essere, nei fatti, nella sua storia, nelle sue usanze e convincimenti più profondi, aperta, leale, coraggiosa. Una comunità che non ha mai temuto di esporsi in prima persona tutte le volte che le circostanze pubbliche o meno lo hanno richiesto; onesta e laboriosa si fa giustamente vanto dell'aver fatto dell'accoglienza, dell'amabilità e della civiltà dei modi e del sentire qualcosa di cui andar fieri.
Tutto questo viene invece svilito, negato, da una prassi che si configura come un atto tipico di una mentalità che ci vede estranei e che rigettiamo con forza perchè umilia prima che il nostro dirci cristiani, la semplice dimensione umana.
Avere il coraggio delle proprie opinioni, non avere timore di far seguire ad esse il proprio nome e cognome è cioè un atto elementare, cui chiunque abbia sensibilità ed intelligenza deve aderire.
Non farlo squalifica chi lo attua, e segna un forte regresso nella crescita della comunità intera.
Opporsi con forza ed unanimamente a tali logiche è dunque un irrinunciabile atto di difesa dell'integrità e della rispettabilità della comunità tutta e non solo del parroco che la rappresenta.
Tutti dobbiamo esserne preoccupati, non è un fatto cioè che tocca solo una singola persona: chiunque di noi potrebbe esserne vittima.
Ciò che più preoccupa infatti è l'utilizzo di un mezzo moralmente riprovevole che, ricorrendo ad un anonimato che gli consente di distruggere l’altro senza dargli possibilità di replica, (poiché non si può certo dialogare con le ombre) lo lapida con una violenza senza pari, minandone la reputazione.
Non si può parlare di Chiesa e dunque di Dio mentre contemporaneamente si ferisce il fratello, aggredendolo alle spalle, denigrandolo senza consentirgli di vedere in faccia il suo detrattore.
Quale peccato più grave?
Per giunta l'amarezza è più fonda se l'attacco viene da persone che pensano di accogliere Cristo e migliorare la sua Chiesa, dimenticando che il comandamento più grande che ci ha dato è stato quello di amare il nostro prossimo; con la logica del muretto a secco invece si tradisce Cristo che è luce e non buio, lo si rinnega.
Questo è di una gravità inaudita e non può essere accettabile.
Stigmatizziamo perciò l'accaduto, esprimiamo la nostra più totale solidarietà ad un parroco giunto nella nostra comunità in un momento assai difficile e traumatico della sua storia, una fase in cui non era facile trovare l'equilibrio e la misura che consentissero alla comunità di ritrovare un margine di serenità.
In questo si è speso al meglio, agendo nella massima trasparenza delle procedure, nell’ottica della condivisione, non sottraendosi ad alcun civile confronto, ma nel contempo utilizzando necessariamente la dovuta autonomia decisionale che il ruolo del quale è stato investito gli prescrive.
Di questo vogliamo rendergli merito e grazie, testimoniandogli con atti e con parole la nostra più piena e convinta solidarietà.
Con l'auspicio e con la speranza che anche da questi spiacevoli e tristi accadimenti possano scaturire occasioni di vero e civile confronto, all'interno di una chiesa dialogante, rispettosa della dignità di ciascuno.
I componenti del Consiglio pastorale
Oliena, 5 aprile 2016