La Quaresima è un nuovo inizio, una strada che conduce verso una meta sicura: la Pasqua di Risurrezione, la vittoria di Cristo sulla morte. E sempre questo tempo ci rivolge un forte invito alla conversione: il cristiano è chiamato a tornare a Dio «con tutto il cuore» (Gl 2,12), per non accontentarsi di una vita mediocre, ma crescere nell’amicizia con il Signore. Gesù è l’amico fedele che non ci abbandona mai, perché, anche quando pecchiamo, attende con pazienza il nostro ritorno a Lui e, con questa attesa, manifesta la sua volontà di perdono (cfr Omelia nella S. Messa, 8 gennaio 2016). (Papa Francesco, Messaggio per la Quaresima 2017)

La luce della nostra fede, donandosi, non si spegne ma si rafforza. Invece può venir meno se non la alimentiamo con l’amore e con le opere di carità. Così l’immagine della luce s’incontra con quella del sale. La pagina evangelica, infatti, ci dice che, come discepoli di Cristo, siamo anche «il sale della terra» (v. 13). Il sale è un elemento che, mentre dà sapore, preserva il cibo dall’alterazione e dalla corruzione – al tempo di Gesù non c’erano i frigoriferi! –. Pertanto, la missione dei cristiani nella società è quella di dare “sapore” alla vita con la fede e l’amore che Cristo ci ha donato, e nello stesso tempo di tenere lontani i germi inquinanti dell’egoismo, dell’invidia, della maldicenza, e così via. (Papa Francesco, Angelus 5 febbraio 2017)

Non è necessario, figlio mio, sapere molto per farmi piacere. Basta che tu abbia fede e che ami con fervore. Se vuoi farmi piacere ancora di più, confida in me di più, se vuoi farmi piacere immensamente, confida in me immensamente. Allora parlami come parleresti con il più intimo dei tuoi amici, come parleresti con tua madre o tuo fratello. (Quindici minuti con Gesù, di S. Antonio Maria Claret).

Abbiamo quindi un compito e una responsabilità per il dono ricevuto: la luce della fede, che è in noi per mezzo di Cristo e dell’azione dello Spirito Santo, non dobbiamo trattenerla come se fosse nostra proprietà. Siamo invece chiamati a farla risplendere nel mondo, a donarla agli altri mediante le opere buone. E quanto ha bisogno il mondo della luce del Vangelo che trasforma, guarisce e garantisce la salvezza a chi lo accoglie! Questa luce noi dobbiamo portarla con le nostre opere buone. (Papa Francesco, Angelus 5 febbraio 2017)

Venite, diciamo: Signore, nella tua ira non rimproverarci e nella tua collera non ci colpire; affinché egli, memore della sua misericordia, muti l’ira in misericordia, renda le cose perdute, liberi quelle prigioniere e ci conceda finalmente di servirlo con letizia (Pier  Crisologo, Omelie per la vita quotidiana).

In queste domeniche la liturgia ci propone il cosiddetto Discorso della montagna, nel Vangelo di Matteo. Dopo aver presentato domenica scorsa le Beatitudini, oggi mette in risalto le parole di Gesù che descrivono la missione dei suoi discepoli nel mondo (cfr Mt 5,13-16). Egli utilizza le metafore del sale e della luce e le sue parole sono dirette ai discepoli di ogni tempo, quindi anche a noi. (Papa Francesco, Angelus 5 febbraio 2017)

«Signore, nella tua ira non rimproverarmi». È come dire: rimproverami, ma non nell’ira; correggimi, ma non nella collera. Rimproverami come padre, non come giudice; correggimi non come padrone, ma come un genitore. Rimproverami non per perdermi, ma per riprendermi. Colpiscimi non per annientarmi, ma per emendarmi. (Pier  Crisologo, Omelie per la vita quotidiana)

Com’è bello sognare con le nuove generazioni una Chiesa e un Paese capaci di apprezzare e sostenere storie di amore esemplari e umanissime, aperte a ogni vita, accolta come dono sacro di Dio anche quando al suo tramonto va incontro ad atroci sofferenze; solchi fecondi e accoglienti verso tutti, residenti e immigrati.  Un tale stile di vita ha un sapore mariano, vissuto come “partecipazione alla feconda opera di Dio, e ciascuno è per l’altro una permanente provocazione dello Spirito. I due sono tra loro riflessi dell’amore divino che conforta con la parola, lo sguardo, l’aiuto, la carezza, l’abbraccio”. (Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente per la 39ª  Giornata Nazionale per la vita (5 febbraio 2017)

Apri, Gesù, i nostri orecchi sordi alla tua Parola che è fonte di vita, sciogli il nodo delle nostre lingue perché ascoltiamo la tua voce benedetta e ti benediciamo nella nostra vita. Noi ricordiamo il tuo grido, «Effatà!», che ha disperso i nostri fantasmi. Troppo a lungo ti abbiamo cercato in apparenze vuote, inganni del cuore, in seduzioni del serpente antico. Dacci, Signore, un cuore che ascolti la tua voce, nel «silenzio sottile».

Un popolo che non sa prendersi cura dei bambini e dei nonni è un popolo senza futuro, perché non ha la forza e non ha la memoria per andare avanti”2. Una tale cura esige lo sforzo di resistere alle sirene di un’economia irresponsabile, che genera guerra e morte. Educare alla vita significa entrare in una rivoluzione civile che guarisce dalla cultura dello scarto, dalla logica della denatalità, dal crollo demografico favorendo la difesa di ogni persona umana dallo sbocciare della vita fino al suo termine naturale. (Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente per la 39ª  Giornata Nazionale per la vita (5 febbraio 2017)

Ognuno di noi è chiamato ad essere luce e sale nel proprio ambiente di vita quotidiana, perseverando nel compito di rigenerare la realtà umana nello spirito del Vangelo e nella prospettiva del regno di Dio. Ci sia sempre di aiuto la protezione di Maria Santissima, prima discepola di Gesù e modello dei credenti che vivono ogni giorno nella storia la loro vocazione e missione. La nostra Madre ci aiuti a lasciarci sempre purificare e illuminare dal Signore, per diventare a nostra volta “sale della terra” e “luce del mondo”. (Papa Francesco, Angelus 5 febbraio 2017)

I bambini e i nonni, il futuro e la memoria - Per Papa Francesco il sogno di Dio si realizza nella storia con la cura dei bambini e dei nonni. I bambini “sono il futuro, sono la forza, quelli che portano avanti. Sono quelli in cui riponiamo la speranza”; i nonni “sono la memoria della famiglia. Sono quelli che ci hanno trasmesso la fede. Avere cura dei nonni e avere cura dei bambini è la prova di amore più promettente della famiglia, perché promette il futuro. (Messaggio del Consiglio Episcopale Permanente per la 39ª  Giornata Nazionale per la vita (5 febbraio 2017)

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